È stato un po' il “mondo di sotto” di Milano: la “ligera” fino agli anni Sessanta, con bande che si aggregavano per un colpo e poi si scioglievano e ispirarono canzoni romantiche eseguite da Ornella Vanoni o dai Gufi, e aveva protagonisti come Ezio Barbieri, il bandito dell'Isola. Una malavita “leggera”, almeno fino alla rapina di via Osoppo del 1958 (in foto), 614 milioni di lire e nessuno colpo sparato, solo il “tatatà” a bocca di un rapinatore.
Poi la storia cambia, e Milano da città nebbiosa da poco uscita dalla guerra diventa come Chicago degli anni Venti: rapine, rapimenti, bische, estorsioni, prostituzione, droga. I protagonisti hanno nomi che sono ormai entrati nella memoria: Francis Turatello, Angelo Epaminonda, Joe Adonis, Luciano Liggio e Frank Coppola. La mafia si infiltra spadroneggia in una Milano che è attraversata da fermenti sociali, e probabilmente non mancarono contatti con gli ambienti della sovversione.
Ma soprattutto quella della malavita è una storia che si intreccia con quella della città, che ne condiziona la vita e approfitta della sua ricchezza.
Ne parliamo stasera con Stefano Galli, curatore della mostra “Milano e la Mala” aperta a Palazzo Morando fino all'11 febbraio: oltre a fotografie e documenti d'epoca, anche i dadi delle bische e gli strumenti del mestiere.