Forse per la maggior parte dei milanesi Enrico Toti è solo il nome di un sommergibile in disuso parcheggiato in un museo cittadino.
I meno giovani però ricorderanno che sul proprio sussidiario scolastico era presente l'immagine, tratta da una copertina della Domenica del Corriere, che raffigurava un bersagliere senza una gamba che si reggeva con il fucile e tirava una stampella al nemico.
Non si tratta di una burla: Enrico Toti è una Medaglia d'oro al valor militare, caduto il 6 agosto 1916 sul fronte di Monfalcone, mentre partecipava alla conquista di una quota nemica: “con esaltazione eroica lanciava al nemico la gruccia e spirava baciando il piumetto, con stoicismo degno di quell'anima altamente italiana”. Decorato con motu proprio dal re in persona, non essendo immatricolato come militare a causa della sua inabilità.
Divenne prontamente il simbolo di una certa visione della guerra, tanto che alle sue esequie ufficiali tenutesi a Roma il 24 maggio 1922, settimo anniversario dell'entrata in guerra, anarchici e comunisti si presero a schioppettate con la Guardia Regia.
Ma c'è chi insinua che non sia vero, che Toti non sia morto in azione e che il tutto sia stato organizzato dalla propaganda: in quell'anno difficile di guerra, l'esercito aveva un bisogno disperato di un eroe che convincesse gli italiani a farsi uccidere sulle trincee.
Qual è la verità? Cosa c'è di meglio che chiederlo a lui, a Enrico Toti?
MEGLIO LIBRI si inserisce a modo suo nelle celebrazioni della Grande Guerra e organizza una intervista (impossibile) alla Medaglia d'Oro e volontario bersagliere ciclista. Per l'occasione gli presterà volto e voce Dino Taddei.
Ingresso libero con tessera Arci