I morti delle migrazioni non hanno nome, non hanno volto, non hanno storia. Il disastro umanitario dei decessi sulle rotte del Mediterraneo ha portato negli ultimi anni ad almeno 30.000 vittime, di cui oltre il 60% è sepolto senza identità. Questo non rappresenta solo una mancanza di rispetto della dignità di queste persone, ma anche l'assenza dei presupposti necessari e imprescindibili per garantire una serie di diritti fondamentali ai familiari delle persone scomparse.
Non solo il diritto alla salute fisica e psichica dei vivi di fronte all'insicurezza, senza l'elaborazione del lutto; ma anche, in mancanza di un certificato di morte, l'impossibilità ad accedere al ricongiungimento con i familiari, oppure l’eventuale eredità o proprietà, addirittura nuovi legami affettivi.
Ne parliamo stasera per la Pianta Anarchica con Cristina Cattaneo, medico e antropologo, professore ordinario e direttore del Labanof, il Laboratorio di antropologia e odontologia forense, che ha coordinato l'unico caso in Europa di intervento per la restituzione dell'identità alle vittime della migrazione: le oltre mille persone recuperate insieme al barcone affondato la notte del 15 aprile 2015 al largo della Libia.
Sarà anche l'occasione per parlare del MUSA, il nuovo museo aperto a Milano dedicato al ruolo della scienza nella difesa dei diritti umani.
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