La Scighera è lieta di ospitare "Il cineforum di Mr. Arkadin"
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PER QUESTA SERA DOPPIO APPUNTAMENTO
(Drammatico, regia di Jean-Luc Godard, b/n, 89 minuti, Francia 1960)
Godard nel suo primo lungometraggio, Fino all'ultimo respiro, mette in scena una straordinaria ballade, l'andare a zondo, la fuga, l'erranza di Belmondo è una em>deriva che libera il passo e il crollo senso-motorio del soggetto spossessato allenta la tensione per aprire ad una differente sovranità: il non-so-che-fare, in un mondo asservito all'utilità, all'efficienza, alla puntualità, è un urto che libera curve e poemi; un film eccedente perché fuori fuoco, fuori della Forma convenzionale del linguaggio cinematografico a partire dal rifiuto di raccontare una storia, partire dall'ora zero o dal punto x, fare un inizio e arrivare di conseguenza - come se tutto fosse già anticipatamente pre-visto - ad un altro punto; un film ostile che, anziché compiacere gli spettatori ansiosi di chiudere la vita dentro la cornice di una storia, li maltratta; un film bislacco, sognato, che sembra cascare da tutte le parti, in equilibrio precario come l'andatura di Belmondo, una favola sputata contro il duro acciaio della miseria della realtà che ama rappresentarsi come una totalità mentre Godard recupera il (dis)senso dei pezzi, dei frammenti, degli spezzoni irriducibili alla logica del con-tenimento che riconduce sotto la sua autorità tutti i ritmi, le variazioni, i brani che faticosamente, creativamente, tentano di sottrarsi alla storia e al suo tempo amministrato.
(Western, regia di Sam Peckinpah,colore, 122 (106) minuti, USA 1973)
Billy nel film di Sam Peckinpah, Pat Garrett & Billy the Kid, attraversa, nel suo va e vieni, le frontiere, anzi il suo attraversamento è proprio ciò che crea queste superfici mobili e ininquadrabili, ciò che fa frontiera. Billy è una frontiera che non si può correggere, normare, regolare: un'indisciplina che resiste alla volontà di distribuire ciò che è vivente in un dominio di valore e utilità, valore di scambio e logica utilitaria: morte. Billy è stupefacente, vivente anche nella sua ostinazione a morire, che non è rassegnazione né resa o stanchezza, bensì resistenza, rifiuto strano che prende in contropiega il potere che ha deciso non più di dare la morte ma di gestire la vita: il potere che si è dato il compito di normalizzare la vita è giocato dall'ostinazione a morire di Billy, dalla sua volontà di vivere e resistere, senza fondamento né finalità. Carattere specifico del potere, nelle sue trasformazioni (sovranità, disciplina, controllo) è di reprimere o istituzionalizzare -e, quindi, anestetizzare - le energie inutili, i piaceri intensi, i comportamenti irregolari, tutte le manifestazioni di un corpo che deve esultare, come cantava Jacques Brel. Poiché la produzione, fordista e postfordista che sia, richiede un corpo docile, la logica dell'utile, logica del capitale, esige corpi sottomessi se non ai comandi alla legge o al diritto. Un corpo non inscritto in questi circuiti di produzione e rappresentazione spettrale è fuorilegge, non fa corpo con l'ordine borghese o con il disordine spettacolare che esso allestisce per autocontestarsi, spettacolarmente, cioè per autoalimentarsi, rappresentando, al tempo stesso, l'ordine e il contrordine, il potere e la critica. E nell'epoca dell'accumulazione originaria del capitale è intollerabile per il potere un'incompatibilità con la costrizione al lavoro, il lavoro in generale, come dice Marx, il lavoro astratto, che spettralizza e trasforma la carne in organismo, organizzazione. Billy è un corpo-senza-organi che si disperde nei piaceri, nel combattimento, nelle orge, che si consuma senza produrre, senza fare opera. Io sono per me il mio genere, sono senza norma, senza legge, senza modello. Libero dal comando e purgato dal diritto. Billy fonda la sua causa su se stesso, l'unico, sull'effimero, sul mortale, sull'istante contrapposto all'eternità delle leggi (etiche, estetiche, ecc.): io mortale creatore di se stesso nel suo consumarsi che fonda la sua causa su nulla. Billy non vive per morire, non vive per trovare la vita vera, giusta, fondata, non vive per ritrovarsi ma per godere, fuori dell'accumulazione, delle recinzioni, del diritto.Nel rovescio.
INGRESSO CON TESSERA ARCI