Regia di Marco De Meo
con Marco De Meo + Cecilia Vecchio
Nella continua necessità di affermare il proprio potere,
due performer si ritrovano sulla scena con la necessità
di fare e dire qualcosa per allietare l’insostenibile
atmosfera del vuoto, dove nulla accade, in un eterno
gioco per affermare la propria presenza dentro l’altro
per poter esistere.
La performance analizza l’attuale stato di potere, da
chi lo esercita a chi lo subisce.
L’analisi ha preso in
considerazione le seguenti caratteristiche del potere:
Il potere artistico, il potere della giustizia del sé,
il potere materno e il potere come forza d’attrazione.
I due performer eseguono una serie di azioni e movimenti
nel tentativo ultimo di svincolarsi l’uno dall’altro,
andando a creare una dimensione nella quale il potere
non crea più vittime , ma diventa pretesto e occasione
di ritrovare la forma più alta del sè.
Lo studio si conclude con un’azione visionaria nella quale l’uno svincola l’altro dal subire il potere, riportando la relazione tra i due performer in una dimensione nella quale il potere non crea più vittime, ma nuove possibilità.