Finché riguardava i mafiosi, del “carcere duro” o “articolo 41bis, nessuno se ne preoccupava, o comunque lo giustificava: perfezionato nel 1992 dopo la Strage di Capaci, consente per "gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica" al Ministro di giustizia di sospendere le garanzie e gli istituti dell'ordinamento penitenziario e "le restrizioni necessarie" per impedire contatti tra il detenuto e la sua organizzazione criminale sul territorio.
Una norma decisamente “dura” ma che veniva accettata nell'ambito della lotta alla criminalità organizzata. Per difenderci insomma.
Criticato da organismi internazionali come la Corte europea dei diritti dell'uomo o Amnesty International, in Italia le pronunce della Corte costituzionale ne hanno confermato nell'insieme la legittimità, nonostante il rilievo della presenza di "trattamenti penali contrari al senso di umanità, non ispirati a finalità rieducativa ed, in particolare, non 'individualizzati' ma rivolti indiscriminatamente nei confronti di reclusi selezionati solo in base al titolo di reato".
Il recente caso Cospito ha però infranto il silenzio e il disinteresse intorno a questo articolo, accendendo un dibattito e spegnendo (momentaneamente?) il disinteresse.
Per la Pianta Anarchica ne parliamo in Scighera con gli avvocati Enrico Belloli e Pietro Massarotto. Sarà presente anche l'avvocato Eugenio Losco, del team di legali che difende Alfredo Cospito. In attesa di definizione un altro ospite.
Per la Scighera Andrea Perin ed Alice Pistocchi
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